


La crisi climatica è ormai una verità innegabile, agire per contrastarla un impegno improrogabile. L’aumento delle temperature di cui siamo spettatori negli ultimi decenni, porterà presto ad un innalzamento del livello dei mari che cancellerà le città costiere, alla morte delle barriere coralline, a siccità che cancelleranno le coltivazioni in parti immense del globo. Masse enormi di persone saranno costrette ad emigrare dalle loro case, per sfuggire agli eventi meteorologici e alla ricerca di acqua e cibo. Tutto ciò, prima ancora che il primo secolo del 2000 si sia potuto concludere.
Non si tratta di catastrofismo, ma di proiezioni basate su dati raccolti e ricerche svolte nell’arco di mezzo secolo. L’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo istituito dall’Assemblea Generale dell’ONU che coinvolge migliaia di ricercatori provenienti da tutto il mondo, ha inequivocabilmente dimostrato come la produzione di gas serra dovuto all'attività umana, dalla rivoluzione industriale in poi, abbia modificato il clima a una velocità senza precedenti.
Ciò ha reso gli eventi climatici estremi più frequenti e gravi. Ne abbiamo, sempre più frequentemente, esperienza diretta: gli incendi che coinvolgono aree sempre più estese di bosco, gli eventi meteorologici estremi che coinvolgono tanto i climi tropicali quanto le nostre latitudini e ai quali non eravamo mai statз abituatз, lo scioglimento del permafrost e la scomparsa dei ghiacciai, la pioggia in aree della terra dove non aveva mai piovuto (come in Groenlandia).
Molti degli effetti del riscaldamento globale sono già, ormai, irreversibili e lo saranno per millenni. I ghiacciai montani e polari sono destinati a continuare a sciogliersi. Entro il 2100, la calotta glaciale della Groenlandia sarà completamente scomparsa, e probabilmente, anche quella antartica. Il livello del mare è destinato inevitabilmente ad aumentare, condannando alla scomparsa interi stati insulari e mettendo a rischio le popolazioni che vivono sulle coste.
La crisi climatica ha impatto diretto anche sulla salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che fra il 2030 e il 2050 i cambiamenti climatici causeranno circa 250.000 mila morti all'anno per malnutrizione, malaria, diarrea e caldo. La disintegrazione degli ecosistemi per la deforestazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento e il cambiamento climatico, con conseguente invasione e distruzione delle nicchie ecologiche, ha portato a una sempre maggiore frequenza di epidemie legate a zoonosi (il Sars-CoV2 ne è solo un esempio). La qualità dell’aria (definita dall’OMS) è ormai irreversibilmente compromessa in molte regioni inquinate.
Eppure, le conseguenze più gravi possono essere arrestate o addirittura invertite se l’aumento della temperatura media globale sarà contenuto entro 1,5 °C rispetto all’era pre-industriale, come stimato dall’IPCC. Per farlo è necessario ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2, metano e altri gas serra (del 50% entro il 2030 e del 100% entro il 2050). Senza riduzioni immediate, rapide e su larga scala, delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento a 1,5°C rispetto al periodo per-industriale sarà impossibile.
L’IPCC stima che, se manterremo le emissioni di gas serra ai livelli attuali, il superamento della soglia dei 2°C di aumento di temperatura globale sarà inevitabile nel corso del XXI secolo, con conseguenze devastanti.
In quanto medicз non possiamo guardare a questi dati come ad una possibilità da valutare e di cui attendere passivamente gli effetti, ma come una realtà già presente contro cui schierare tutte le nostre forze.
Come medicз non possiamo evitare di pensare a cosa l’innalzamento delle temperature, la rottura degli equilibri ambientali porteranno in termini di salute.
In quanto medicз viviamo a stretto contatto ed abbiamo esperienza quotidiana con la sofferenza e la morte. Le conosciamo e le consideriamo come parte integrante della vita delle persone. Per quanto possibile proviamo ad evitarli, ma conosciamo ed accettiamo i limiti che la natura ci impone.
Non vogliamo, invece, accettare che morte, sofferenze, malattie possano essere il prezzo da pagare, da parte del 99% della popolazione mondiale, per gli interessi, i profitti e lo stile di vita insostenibile dell’1% più ricco.
Abbiamo avuto decenni per provare a moderare le cause alla base dei cambiamenti climatici per limitare le conseguenze. La scelta compiuta a livello globale è stata quella di non agire. Non solo le timide azioni intraprese finora non hanno ridotto le emissioni, ma anzi le concentrazioni in atmosfera di gas serra, dalla rivoluzione industriale in poi, non hanno mai smesso di aumentare e, proprio quest’anno, i livelli di CO2 raggiungeranno il 50% in più rispetto all’epoca preindustriale.
Bisogna essere consapevoli del fatto che non agire, continuare a emettere gas serra, credere che vi sarà una via d’uscita alternativa, significa essere pronti a sacrificare una parte di umanità.
Continuare a non agire vuol dire condannare la terra alla sesta estinzione di massa, alla scomparsa degli stati insulari e delle città costiere.
Non possiamo più demandare gli imperativi imposti dalla scienza per evitare la catastrofe climatica a chi è integrato nel sistema che ne è stato la causa.
Nel periodo 1880-2010, meno di un centinaio di multinazionali hanno contribuito per circa il 42-50% all'aumento della temperatura media globale. Ciò significa che non riusciremo a contrastare l’aumento delle temperature se non agendo a livello sistemico sul modello di produzione. Non possiamo più limitarci alle scelte ed alle azioni individuali (il cui impatto sulla riduzione dei gas serra risulta essere estremamente limitato) nè possiamo più richiedere aggiustamenti o piccoli correttivi di un sistema economico che sacrifica il pianeta ai fini del profitto. Dobbiamo socializzare la necessità di adottare, a livello di comunità, stili di vita sostenibili ed esigere interventi strutturali urgenti che mirino a costruire un modello di società e di sviluppo che salvaguardino, prima di tutto, l’ambiente e la vita delle persone.
Per questo, come medicз, vogliamo fare la nostra parte in questa battaglia. Vogliamo che lз professionistз della salute assumano il loro ruolo ed il loro impegno nell’affermazione di un modello basato sulla salute e sulla cura delle persone e dell’ambiente. La lotta per la giustizia climatica deve essere una priorità per chiunque, dalla quale nessun‘altra rivendicazione possa prescindere.
“Doctors4Future – Medicз per il clima” è una campagna promossa dall'associazione "Chi si cura di te?" associazione di giovani medicз, specializzandз, corsistз di medicina generale, camici grigi.
Siamo convintз che ciascuno di noi debba fare la propria parte nella lotta per la giustizia climatica, per un mondo in cui la salute e la cura delle persone e dell’ambiente vengano prima del profitto e degli interessi privati.
Come lavoratorз della salute e come donne e uomini di scienza non possiamo più assistere passivamente ai sempre più frequenti stravolgimenti climatici, agli scenari ancora più catastrofici previsti dalla comunità scientifica internazionale e agli affetti che questi eventi avranno sulla salute e sulla vita delle persone.
Per questo abbiamo lanciato l'Appello allз lavoratorз della salute per la giustizia climatica con l’intento di sensibilizzare e attivare la popolazione medica ed lз professionistз della salute sulla crisi climatica, mobilitandoci sia nelle piazze sia nei luoghi di lavoro.
Per partecipare compila il form di adesione e lasciaci la tua mail e il tuo numero di telefono. Ti contatteremo per coinvolgerti nelle prossime iniziative.
Se vuoi aderire a nome di un'associazione, inviaci una mail a info@chisicuradite.it con il nome dell'associazione ed un contatto (telefono o indirizzo e-mail).

